È l’ “Alcatraz di Cristo” ad attendere sottopalco Mobrici la sera del 30 novembre 2023.
Eccole lì, sono le stessa transenne a cui mi appoggiavo cantando i Canova nel 2018 e ora le ho superate. Sono sottopalco e i cantanti che si susseguono mi calpestano la testa. Per fortuna sono inebriata, vedo solo attraverso l’obiettivo della mia vecchia Canon, mentre mi sento più a casa che mai. Penso alle prime volte quando mi sembrava tutto enorme, invece ora Milano è della dimensione perfetta per me.
Mobrici canta lo stesso male di vivere del 2018, dove sono rimaste le sensazioni che ho voluto superare ma che ancora mi accendono, facendo sentire solo un po’ di solitudine in più rispetto a quando suonare in un gruppo le esorcizzava.
Oggi lo trovo forte, arreso, disinvolto, poetico fino al rischio di non essere ascoltato a sufficienza. Sorregge un particolare male di vivere, reso immenso e penetrante dall’assenza di grossi avvenimenti, coperti da una semplice nostalgia del presente nelle sensazioni di tutti i giorni.
D’altronde è vero, in questi anni ho provato a distrarmi “con la musica degli altri (Amici così)”, ma una parte di me vorrebbe mandare a puttane la vita sociale come sempre.
“Un blocco alla gola e un pianoforte come spalla (Povero cuore)”, Matteo Mobrici resta un artista a tutto tondo che riesce ad essere sempre più intimo.
Menzione d’onore per gli ospiti, che si sono guadagnati cinque standing ovation: Vasco Brondi lume nella nebbia, ineccepibile e maestoso; Willy Peyote e Frankie Hi-nrg Mc hanno aperto il palco in due, Dente momento di poesia, Gazzelle con le torce accese.